13
novembre 2015
Novembre
è definito a ragione come il mese dei morti. In questi giorni sono
stati molti i fedeli che sono passati all'altra vita, quella vera,
quella definitiva.
Martedì
scorso mi sono recato a Carpineto Romano (negli ultimi giorni ci sono
andato spesso) per visitare un mio educatore del Seminario minore
che, ammalato, lì era assistito amorevolmente dai suoi familiari.
Sono rimasto colpito dal loro affetto e dalla loro assoluta
disponibilità nei suoi confronti: sono queste le caratteristiche che
sempre possiamo riscontrare nella nostra brava gente ciociara. Non
voleva che io me ne andassi. Gli dissi che era tardi … “Aspetta,
rimani ancora un po' ...”. Me lo disse più volte. Non potevo
dirgli di no. S'era fatto veramente tardi e potei finalmente
congedarmi. “Quando torni?”. “Un giorno della settimana
prossima … forse lunedì”. “No! Devi venire prima!”. “Verrò
venerdì allora”. “No. Prima!”. Immaginavo che sarebbe successo
qualcosa prima di quel giorno. Strane coincidenze. Oppure conferme.
Sì: conferme di quello che penso da tempo e che ultimamente mi si
sta dimostrando dall'esperienza. Io penso che questi vegliardi
sappiano intuire il momento del trapasso.
Non
voleva che me ne andassi; non voleva che arrivassi tardi.
Questo
il mio ultimo dialogo con don Angelo Ricci,
classe 1923, sacerdote come quelli di una volta, serio e rispettoso.
Un uomo di Dio, un educatore attento e preciso, meticoloso per le
cose del buon Dio. Un esempio per molti, almeno per noi cresciuti
alla sua scuola. Una scuola fatta di poche parole e tanti fatti, come
sapevano far bene i preti di una volta. Quanti esempi! Quanta
dottrina provata nei suoi insegnamenti. Un vero amante appassionato
di Gesù Cristo. La sua preghiera era autentica e costante, senza
fronzoli, quella appresa alla scuola dei gesuiti del Collegio
Leoniano.
Don Angelo era il mio confessore. Gli ho sempre voluto
bene. Mi ha sempre cercato. Mi ha sempre seguito, anche quando la
cattiveria umana e l'incomprensione mi portarono lontano, ad altre
scelte. Anche in questo caso la Provvidenza scriveva il suo romanzo.
Ma quanta saggezza da quei colloqui. Quanta gioia nel ritornare “a
casa” a trovare un amico di sempre. Uno che stava lì e ti
aspettava, perché sapeva che saresti tornato dove hai le radici.
Mi
sono confrontato spesso col mio amico Luigi, con il quale andavamo a
trovarlo spesso, specie nel suo ultimo soggiorno carpinetano. Siamo
rimasti molto legati al nostro buon Canonico, come sentivamo che il
sentimento era reciproco. Noi, gli irriducibili, quelli fedeli, della
vecchia scuola del Seminario Vescovile, gente che non dimentica chi
gli ha fatto del bene. Saper ricordare … E oggi c'eravamo.
Ricordare
…
Ripensare
alla storia terrena di questo umile e dotto prete ciociaro è
ripercorrere la storia di Anagni e della sua diocesi nell'ultimo
secolo (novantadue anni). Rivederlo giovane nella sequela del Vescovo
Mons. Compagnone. È vedere la storia della fangosa Tufano, della
bella Morolo, della ridente Carpineto, della Colonia estiva di
Mondragone. E saper scorgere nei luoghi e negli attori le nostre
persone, i nostri volti, la nostra storia. Sapeva costruirla, lui, la
storia, sistemarla e tramandarla. Pensiamo al Palio rinascimentale di
San Magno. Pensiamo alla Cattedrale restaurata dalla perizia e dalla
competenza di un sacerdote cieco, superstite del Capitolo, che con la
memoria sapeva vedere quello che a noi sfuggiva.
E
chi può dire quello che passa nel mio cuore in questo momento?
Adesso che mi trovo a scrivere, come un dolce dovere, una memoria
sua. Scrivere un testo che lo ricordi è scrivere anche di me, di
Luigi, di Marcolino, di tutti coloro che hanno avuto la grazia di
incontrare questo mistico contemporaneo (non esagero) e gli sono
stati fedeli fino alla fine. Saper ricordare.
So
che la mia stesura è incompleta. Non potrebbe essere altrimenti. Chi
legge e sa potrà bene integrare queste brevi tracce con quello che
non ha scordato e che adesso gli balza davanti nitido e fresco.
Quanta
sapienza, quella vera, quella umile di chi si mette a servizio delle
giovani generazioni, quelle del Seminario come quelle delle Scuole
(insegnò per molti anni nell'Istituto magistrale di Anagni). Una
cultura che non ti umilia ma ti accresce, che ti riempie di qualcosa
che ti sorpassa e che non appartiene a te e a nessuno di questa
misera terra.
Ognuno
di noi da oggi è più povero.
Quanta
gente oggi a salutarti ad Anagni, nella tua città di adozione. Nella
tua Chiesa, che hai amato e servito: ci sei di grande esempio.
Interprete di tutti è stato il Vescovo. Ci ha letto il tuo
testamento spirituale, essenziale. Si è commosso più volte. Ti ha
ricordato bene, lo sai. Ha tratteggiato bene quello che tutti
sapevamo e che adesso si palesava più vivido di prima. La morte
rende eterno il transitorio. Fedele servitore della Chiesa. Pastore
di anime attento e scrupoloso. Memoria vivente della nostra storia.
Biblioteca, anzi archivio per noi sempre pronto a donare. Qualche
volta la tua fiducia incondizionata è stata tradita da chi ha voluto
approfittare anche della tua malattia.
Noi
ti vogliamo bene e preghiamo il Padre delle misericordie che ti abbia
accanto a Sé in cielo, a pregare e intercedere per noi. Gli ultimi
tempi sono stati vissuti con grande sofferenza. Hai avuto modo di
guadagnare il paradiso e di meritare per tutti. Continua a ricordarti
di noi. Preparaci un posto là dove non c'è più sofferenza o male
che possa allontanarci dal nostro eterno destino di felicità.
Per
noi si è aperta un'altra finestra in cielo:
da lì ti affacci e ci guardi. Ci benedici e ci sorridi. Sento la tua
mano che mi si posa sulla testa, come quando da ragazzo mi assolvevi
e più recentemente mi consolavi e mi incoraggiavi. Quella mano mi
accarezza e mi dice: “Confida in Dio”. Un bacio a quella tomba e
un pensiero grato e riconoscente alla tua anima immortale che già
vola e riluce nel sole di Dio.
Ciao,
Don A'!!