sabato 14 novembre 2015

Nel mese dei morti un'anima rilucente guizza nell'oggi di Dio. Don Angelo Ricci oltre l'esilio

13 novembre 2015

Novembre è definito a ragione come il mese dei morti. In questi giorni sono stati molti i fedeli che sono passati all'altra vita, quella vera, quella definitiva.

Martedì scorso mi sono recato a Carpineto Romano (negli ultimi giorni ci sono andato spesso) per visitare un mio educatore del Seminario minore che, ammalato, lì era assistito amorevolmente dai suoi familiari. Sono rimasto colpito dal loro affetto e dalla loro assoluta disponibilità nei suoi confronti: sono queste le caratteristiche che sempre possiamo riscontrare nella nostra brava gente ciociara. Non voleva che io me ne andassi. Gli dissi che era tardi … “Aspetta, rimani ancora un po' ...”. Me lo disse più volte. Non potevo dirgli di no. S'era fatto veramente tardi e potei finalmente congedarmi. “Quando torni?”. “Un giorno della settimana prossima … forse lunedì”. “No! Devi venire prima!”. “Verrò venerdì allora”. “No. Prima!”. Immaginavo che sarebbe successo qualcosa prima di quel giorno. Strane coincidenze. Oppure conferme. Sì: conferme di quello che penso da tempo e che ultimamente mi si sta dimostrando dall'esperienza. Io penso che questi vegliardi sappiano intuire il momento del trapasso.

Non voleva che me ne andassi; non voleva che arrivassi tardi.

Questo il mio ultimo dialogo con don Angelo Ricci, classe 1923, sacerdote come quelli di una volta, serio e rispettoso. Un uomo di Dio, un educatore attento e preciso, meticoloso per le cose del buon Dio. Un esempio per molti, almeno per noi cresciuti alla sua scuola. Una scuola fatta di poche parole e tanti fatti, come sapevano far bene i preti di una volta. Quanti esempi! Quanta dottrina provata nei suoi insegnamenti. Un vero amante appassionato di Gesù Cristo. La sua preghiera era autentica e costante, senza fronzoli, quella appresa alla scuola dei gesuiti del Collegio Leoniano. 

Don Angelo era il mio confessore. Gli ho sempre voluto bene. Mi ha sempre cercato. Mi ha sempre seguito, anche quando la cattiveria umana e l'incomprensione mi portarono lontano, ad altre scelte. Anche in questo caso la Provvidenza scriveva il suo romanzo. Ma quanta saggezza da quei colloqui. Quanta gioia nel ritornare “a casa” a trovare un amico di sempre. Uno che stava lì e ti aspettava, perché sapeva che saresti tornato dove hai le radici.


Mi sono confrontato spesso col mio amico Luigi, con il quale andavamo a trovarlo spesso, specie nel suo ultimo soggiorno carpinetano. Siamo rimasti molto legati al nostro buon Canonico, come sentivamo che il sentimento era reciproco. Noi, gli irriducibili, quelli fedeli, della vecchia scuola del Seminario Vescovile, gente che non dimentica chi gli ha fatto del bene. Saper ricordare … E oggi c'eravamo.

Ricordare …

Ripensare alla storia terrena di questo umile e dotto prete ciociaro è ripercorrere la storia di Anagni e della sua diocesi nell'ultimo secolo (novantadue anni). Rivederlo giovane nella sequela del Vescovo Mons. Compagnone. È vedere la storia della fangosa Tufano, della bella Morolo, della ridente Carpineto, della Colonia estiva di Mondragone. E saper scorgere nei luoghi e negli attori le nostre persone, i nostri volti, la nostra storia. Sapeva costruirla, lui, la storia, sistemarla e tramandarla. Pensiamo al Palio rinascimentale di San Magno. Pensiamo alla Cattedrale restaurata dalla perizia e dalla competenza di un sacerdote cieco, superstite del Capitolo, che con la memoria sapeva vedere quello che a noi sfuggiva.

E chi può dire quello che passa nel mio cuore in questo momento? Adesso che mi trovo a scrivere, come un dolce dovere, una memoria sua. Scrivere un testo che lo ricordi è scrivere anche di me, di Luigi, di Marcolino, di tutti coloro che hanno avuto la grazia di incontrare questo mistico contemporaneo (non esagero) e gli sono stati fedeli fino alla fine. Saper ricordare.

So che la mia stesura è incompleta. Non potrebbe essere altrimenti. Chi legge e sa potrà bene integrare queste brevi tracce con quello che non ha scordato e che adesso gli balza davanti nitido e fresco.

Quanta sapienza, quella vera, quella umile di chi si mette a servizio delle giovani generazioni, quelle del Seminario come quelle delle Scuole (insegnò per molti anni nell'Istituto magistrale di Anagni). Una cultura che non ti umilia ma ti accresce, che ti riempie di qualcosa che ti sorpassa e che non appartiene a te e a nessuno di questa misera terra.

Ognuno di noi da oggi è più povero.

Quanta gente oggi a salutarti ad Anagni, nella tua città di adozione. Nella tua Chiesa, che hai amato e servito: ci sei di grande esempio. Interprete di tutti è stato il Vescovo. Ci ha letto il tuo testamento spirituale, essenziale. Si è commosso più volte. Ti ha ricordato bene, lo sai. Ha tratteggiato bene quello che tutti sapevamo e che adesso si palesava più vivido di prima. La morte rende eterno il transitorio. Fedele servitore della Chiesa. Pastore di anime attento e scrupoloso. Memoria vivente della nostra storia. Biblioteca, anzi archivio per noi sempre pronto a donare. Qualche volta la tua fiducia incondizionata è stata tradita da chi ha voluto approfittare anche della tua malattia.

Noi ti vogliamo bene e preghiamo il Padre delle misericordie che ti abbia accanto a Sé in cielo, a pregare e intercedere per noi. Gli ultimi tempi sono stati vissuti con grande sofferenza. Hai avuto modo di guadagnare il paradiso e di meritare per tutti. Continua a ricordarti di noi. Preparaci un posto là dove non c'è più sofferenza o male che possa allontanarci dal nostro eterno destino di felicità.

Per noi si è aperta un'altra finestra in cielo: da lì ti affacci e ci guardi. Ci benedici e ci sorridi. Sento la tua mano che mi si posa sulla testa, come quando da ragazzo mi assolvevi e più recentemente mi consolavi e mi incoraggiavi. Quella mano mi accarezza e mi dice: “Confida in Dio”. Un bacio a quella tomba e un pensiero grato e riconoscente alla tua anima immortale che già vola e riluce nel sole di Dio.


Ciao, Don A'!!