mercoledì 23 settembre 2015

In cerca di volti ... "la bonifica delle anime" ... un breve ricordo di don Renato

Un giorno di cinque anni fa, di questi tempi, arrivai a Latina. Non conoscevo nessuno o quasi. Mi presentai alla Parrocchia alla quale il Vescovo mi aveva assegnato. A dire la verità non sapevo bene neanche dove fosse; sapevo tuttavia che era a Latina. A quei tempi ero ancora troppo povero per il navigatore. Arrivai. Trovai un sacco di bambini che attendevano il catechismo. Entrai in chiesa e mi inginocchiai per qualche minuto. Arriva un sacerdote: quello lo conoscevo, almeno di fama. Mi si accostò e si presentò. Sapevo che era di Sezze, l'antica sede vescovile confinante con la mia (Priverno), che nel corso della storia non c'era stata mai troppo amica. Pur tuttavia quella vicinanza fra i due paesi mi allargò il cuore e mi fece tirare un sospiro di sollevo. Avevo un conterraneo più grande di me di quasi settant'anni. Mi stimò fin da subito, anche quando gli eventi mi portarono altrove. Una lettera, una telefonata, una visita … trovava sempre il modo per farsi presente.

Questo e molto altro era Monsignor Renato Carlo Di Veroli, vicario episcopale, vicario generale ... parroco, sacerdote, cultore saggio, fratello, amico, don Renato! Una persona che sapeva farsi presente, andare incontro al suo interlocutore, quello che la Provvidenza gli metteva davanti, senza pregiudizi e senza il timore di doversi confrontare con chi potrebbe non comprenderti o osteggiarti. Posso dire senza enfasi che l'incontro più importante, la conoscenza più significativa (non me ne vogliano i miei amici latinensi!) è stata quella. Un incontro che mi ha segnato, un'amicizia che mi ha insegnato tanto. Ho scritto bene: con don Renato eravamo amici. Egli era capace di farsi amico dei suoi figlioli. Sapeva cosa dire e quando era il caso di tacere. Sapeva anche difendere dalle ingiustizie chi veniva ferito o vilipeso. Con quel garbo e quella sapienza che viene (non sempre) con l'età. Con la stima dei vescovi e la fiducia dei potenti, con le mani e il cuore sempre protesi al popolo!

Non conoscevo, quando arrivai, assolutamente nulla o quasi della storia religiosa di Latina, città assolutamente distante, a livello sociale e di sensibilità storica, dalla mia amata Priverno (che vanta origini pre-romane). Mi donò il suo libro. E lì io scoprii la mia Parrocchia. Immaginavo volti e situazioni … e alla luce di quel passato comprendevo il presente. Stimavo quei protagonisti e pensavo che i pionieri non furono solo quelli della prima ora o narrati dalle cronache. Pensai che don Renato assomigliava neanche poco a quell'altro setino (stavolta di adozione) che fu abate e santo, Lidano d'Antena. Questi venne dalle sue tranquillità, da quel di Montecassino a rifondare quel che era in rovina; venne a “bonificare le anime” (per usare un'espressione di un altro setino, mio amico e giornalista). Anche don Renato venne a bonificare e anime, a confortare, edificare, mantenere, tramandare e sorvegliare a che lupi rapaci non venissero a distruggere e sradicare. Rimase come un vegliardo a guardare a che nulla andasse perduto. A perpetuare la memoria; di cose antiche che spiegano il presente: senza di quelle non capiamo nulla, neanche chi siamo.

In cerca di volti … sempre, anche quando l'età lo ha costretto a ritirarsi in casa. Incontri, parole, gesti, cuore a cuore, che rimarranno per sempre scolpiti nel mio cuore e, spero, in quelli che saranno i miei atti sacerdotali.

Questa la mia testimonianza, il mio tributo dovuto a don Renato. All'amico, alla guida, al compagno di viaggio. Sono questi i testimoni che ci fanno capire che ne vale la pena, che non si soffre mai troppo a causa del Regno e che sull'altare si sta appesi alla croce insieme a Cristo.

Le mie parole sono vere. Chi mi conosce sa che non sono troppo avvezzo agli elogi, né per me né per gli altri. Ma qui emerge il dovere di giustizia.


Se devo essere sincero faccio molta difficoltà a pensare una Latina senza don Renato!
Ma egli non se n'è andato! Rimane il suo ricordo in ciò che ci ha trasmesso e negli insegnamenti che ci ha donato, negli ideali in cui credeva e nel modo di edificare.

Quel mio amico giornalista ha scritto, nel suo ricordo, che don Renato gli disse di sì mentre gli altri erano impegnati. E lui sapeva bene a che si riferiva (qui: http://www.latinaquotidiano.it/quando-don-renato-mi-disse-si-mentre-gli-altri-erano-impegnati/).

Non si negava, sapeva di essere chiamato a una missione superiore, che trascende gli uomini appunto per servire l'uomo e non gli uomini, in mille faccende affaccendati. Sapeva qual era la sua missione, una missione che non gli apparteneva, che lo sorpassava, lo prescindeva … ma lo riguardava e lo immergeva pienamente nell'ideale sacerdotale.


"Il valore di un uomo - dice la Sacra Scrittura - si riconosce nel momento della morte". Quanta saggezza nella tua vita; quanta saggezza nella morte! Sobrietà e compostezza ...

Adesso raccoglie il premio delle sue fatiche e invoca per noi quella benedizione che noi invochiamo per lui. Ancora su di noi quel segno di benedizione e quel tuo caro sorriso rassicurante. “Avanti, coraggio!”. E così sia!

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